Non solo Ilva, le 19 industrie che producono (e inquinano) senza l’Aia

DAL FATTO QUOTIDIANO.IT

Inquinano tanto da essere considerati fuorilegge, ma continuano a produrre. In Italia gli impianti che non hanno ancora ricevuto l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), la licenza necessaria per uniformarsi ai principi dettati dalla Comunità europea, sono 19: acciaierie, raffinerie, centrali elettriche. Che, in deroga – di fatto – alle direttive comunitarie, da anni continuano la loro attività senza averne più il permesso. A dirlo è l’ultimo dossier di Legambiente, Mal’aria industriale, che oltre a indicare i Siti di interesse nazionale (Sin) – le aree contaminate più pericolose che lo Stato vuole bonificare – ricorda come per queste eclatanti infrazioni l’Italia sia stata condannata ancora una volta dalla Corte di giustizia europea.
Il polo petrolchimico siciliano di Gela (leader italiano delle emissioni di ossidi di zolfo e di mercurio), quello di Sassari e quello Eni di Priolo, in Sardegna. Spicca poi lo stabilimento chimico Tessenderlo a Pieve Vergonte (Verbania), “uno degli ultimi impianti clorosoda – fa presente Legambiente – che utilizza ancora la tecnologia a mercurio”. E che, presume l’associazione, proprio per questo potrebbe comunque chiudere presto. Sotto accusa anche l’industria siderurgica Lucchini Spa di Piombino, in Toscana, e l’impianto di produzione di acido solforico di Portovesme, in Sardegna. A livello di produzione di energia, invece, oltre ai vari impianti Eni elencati nel dossier non potevano mancare le centrali a carbone Enel di Porto Marghera, La Spezia e Porto Tolle (quest’ultima in fase di conversione da olio a carbone).
La formula perfetta starebbe nell'elogio
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