Il picco del petrolio è arrivato e non ce ne siamo accorti?

DAL FATTO QUOTIDIANO

Ha fatto molto rumore la pubblicazione del rapporto del 2012 dell’ International Energy Agency (IEA) sul petrolio e il gas. Sembra che qualcuno si sia alquanto ‘gasato’ su queste cose: si parla di una rivoluzione produttiva, degli Stati Uniti come la ‘nuova Arabia Saudita’ e che ritornano ad essere auto-sufficienti e addirittura esportatori di petrolio dopo oltre mezzo secolo di declino produttivo. Insomma, prospettive non solo rosee, ma addirittura entusiasmanti.
Se guardiamo i dati, in effetti, ci accorgiamo che c’è ben poco da gioire. La produzione mondiale di petrolio greggio è in declino dal 2008; l’anno che possiamo prendere come quello del ‘picco del petrolio‘. L’industria petrolifera riesce per il momento a compensare con altre sorgenti, quelle cosiddette ‘non convenzionali’: sabbie, scisti e biocombustibili, come pure il cosiddetto ‘shale gas’. Ma la produzione mondiale non cresce in modo significativo da almeno cinque anni e i costi di estrazione continuano ad aumentare. Fra i paesi produttori, ce n’è soltanto uno che mostra una tendenza opposta: gli Stati Uniti, dove negli ultimi 3-4 anni si è vista ripartire la crescita della produzione sia di petrolio che di gas, invertendo il declino che durava ormai dagli anni 1970. E’ su questo punto che si basa molto dell’ottimismo attuale.
E' necessario convincere gli investitori che le risorse sono abbondanti. E’ normale: lo sappiamo tutti che la pubblicità è l’anima del commercio. Il problema è che il mercato del petrolio e del gas somiglia sempre di più a una bolla finanziaria come quella dell’edilizia, Si sa che, purtroppo, le bolle tendono a esplodere e quando qualcosa esplode c’è sempre qualcuno che si fa male. Speriamo bene.
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