Uno stop al consumo di suolo

DAL FATTO QUOTIDIANO.IT

Su proposta del ministro per le Politiche agricole, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge quadro sulla valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo. L’obiettivo – meritorio – dell’iniziativa è porre un freno a quella che Italo Calvino, nel suo romanzo La speculazione edilizia, chiamava “la febbre del cemento”: la bramosia di edificare anche dove e quando non serve, alimentata dall’alleanza tra il potere politico-amministrativo, ampiamente inteso, e l’insieme degli operatori economico-professionali del settore dell’edilizia.
Quanto alle iniziative di carattere specifico, sono diverse e i risultati che sarà possibile conseguire dipenderanno dal come ognuna sarà attuata. Viene vietato, per almeno dieci anni, il cambio della destinazione d’uso dei terreni agricoli che hanno usufruito di aiuti di stato o comunitari (art. 3); si incentiva il recupero del patrimonio edilizio rurale (art. 4); presso il ministero delle Politiche agricole è istituito un registro dei comuni virtuosi che economizzano il consumo del suolo agricolo (art. 5); si abroga (art. 6) la normativa che autorizza i comuni a impiegare una parte (arrivata fino al 75 per cento del totale) degli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente.
Quest’ultima previsione è particolarmente rilevante. La distrazione di una quota degli oneri di urbanizzazione dalle loro finalità naturali di finanziare la realizzazione di strade, fognature, acquedotti (opere di urbanizzazione primaria), scuole, palestre (opere di urbanizzazione secondaria), è stato un modo per addolcire l’opposizione o ottenere l’assenso dei cittadini alla trasformazione di terreno agricolo in aree edificabili anche quando non servivano. Ai cittadini si è proposto uno scambio tra espansione edilizia e minori tasse per pagare i servizi di cui beneficiano. Nell’immediato hanno la percezione di un vantaggio, perché non mettono in conto che essi stessi e i loro figli e nipoti dovranno pagare i costi dell’accresciuta domanda di servizi indotta dalla nuova edificazione.
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