Piano energetico, noi faremo come la Svizzera?

DAL FATTO QUOTIDIANO

Siamo un po’ al paradosso. Mentre il Governo Monti-Passera fa uscire di soppiatto dalle sue stanze un piano energetico nazionale che guarda al passato (e che impudentemente assicura di sottoporre ad “ampia verifica”), un Paese conservatore, autonomo rispetto all’Ue e fino a ieri moderatamente filonucleare come la Svizzera, mette in consultazione una sua strategia energetica al 2050. E opta per un cambiamento radicale dell’intero sistema, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandonare l’atomo.
Si tratta di un Paese moderno, con un alto tenore di vita ed elevati consumi, con un’abbondanza della fonte idrica, ma non certo favorito quanto lo siamo noi per l’abbondanza delle altre fonti energetiche naturali. In passato, la Svizzera aveva ritenuto risolutivo il ricorso all’energia nucleare. Una riflessione critica dopo Fukushima ha finito col buttare all’aria le carte di una strategia più che consolidata e refrattaria a cambiamenti radicali.
La strategia elvetica risulta molto chiara: riduzione del consumo pro-capite di energia complessivamente del 35% entro il 2035 (del 50% per combustibili e carburanti); risanamento degli edifici con inasprimento degli standard; prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili (al 2020 massimo di 95 gr CO2/Km); sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili nei settori del riscaldamento e della produzione di elettricità; diffusione delle “smart grid” per consentire un ricorso più efficiente all’autoproduzione e alla generazione decentrata di elettricità.
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