Caivano (Napoli), don Maurizio e la speranza di vivere oltre la

DAL FATTO QUOTIDIANO

Ho visto le ceneri dei roghi di rifiuti smaltiti illegalmente dovunque, ho visto i cumuli di copertoni pronti a bruciare anche di fronte alla chiesa, messi lì anche a mo’ di avvertimento. Ho respirato l’odore acre della diossina che la gente di Caivano e di decine di altri comuni è costretta a respirare ogni giorno. Ho visto don Maurizio passarsi un fazzoletto bianco sulla fronte sudata. Me lo ha mostrato subito dopo, era nero: “E guarda che oggi ho già fatto due volte la doccia”, ha tenuto a precisare sorridendo. Ma soprattutto ho visto la gente della sua parrocchia in fila per un pacco di pasta e qualche altro genere alimentare. Negli occhi di molti mi è sembrato di vedere piantata la secolare rassegnazione di questa gente di Sud. Rassegnazione che don Maurizio prova a smussare continuamente, senza proclami roboanti, ma solo con una carezza, una battuta di spirito e una parola di comprensione.
Di ciascuno di loro mi raccontava con discrezione la storia: “A volte non ho nemmeno il coraggio di guardarli in faccia – raccontava – nel Vangelo c’è scritto di dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Questo forse lo facciamo ancora, ma l’aria? Senza cibo si può resistere anche per giorni, ma senza aria si muore ogni minuto”. Ho avuto la netta impressione che quella gente abbia solo don Maurizio con cui parlare. Il resto è solo fumo nero di roghi e di assenza. Assenza di bellezza, di responsabilità, di Stato. Don Maurizio Patriciello è la voce pulita del quartiere “città verde” di Caivano, una zona in cui uno studio commissionato nel 2008 dalla marina militare degli Stati Uniti proibisce (non sconsiglia, proibisce!) ai cittadini americani di risiedere. Una voce che don Maurizio porta continuamente in giro perché non è possibile rassegnarsi a vivere in mezzo a una discarica abusiva a cielo aperto. Lo ha fatto anche ieri, in Prefettura, a Napoli. Ed è stato umiliato pubblicamente così dal prefetto di Napoli.
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