Abusi edilizi, chi tace acconsente (in soli 45 giorni)

DAL FATTO QUOTIDIANO

il governo Monti ha varato la norma che introduce il silenzio-assenso per le richieste di edificare in aree vincolate.
Ambiente e legalità sono due facce della stessa medaglia. Nei Paesi dove più bassa è la cultura della legalità diffusa (e dove più deboli sono le leggi in materia), più gravi e frequenti sono le offese e i danni ai beni comuni: territorio, aria, acqua.
Però c’è un problema di fondo. Se, come scriveva Montesquieu, le leggi sono il prodotto (lo “spirito”) della cultura profonda dei popoli che le producono, smettiamola almeno di parlare di “governo tecnico”. Basta con questa neolingua orwelliana, che definisce Clini “Ministro dell’Ambiente” e Passera “Ministro dello Sviluppo”. Il primo difende l’Ilva di Taranto; il secondo prevede libertà di trivellazione nel Mediterraneo come nemmeno ai tempi di Enrico Mattei, alla faccia della green-economy.
Il governo Monti è, anche sotto il profilo ambientale, quanto di più tradizionalmente “politico” le classi dirigenti di questo Paese abbiano saputo esprimere fino ad oggi. Dai suoi indirizzi di politica ambientale, così come nelle scelte di politica economica, emerge una regola brutale: vince il più forte.
Da un lato, con i famosi tagli lineari, il “governo tecnico” riduce gli organici delle Soprintendenze già ridotti al lumicino; dall’altro, impone a questi striminziti organici tempi e ritmi di produttività che nemmeno in Germania possono permettersi (dove l’attesa media di risposta per una pratica edilizia è di circa 90 giorni), in mancanza dei quali l’impresa costruttrice potrà tranquillamente edificare all’interno di aree tutelate per legge. Davvero: nemmeno Berlusconi era arrivato a tanto.
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