Osservazioni variante PRGC Cava del Fin
OGGETTO: Osservazioni ai sensi del comma 2 dell'art. 17 bis L.R. n.
56/77 alla variante
semplificata
al P.R.G.I.
Comune: RORA'
- Località Uvert - Cava Fin
In riferimento alla
variante urbanistica indicata nell'oggetto il Circolo Val Pellice della
LEGAMBIENTE espone le seguenti considerazioni che riprendono ed ampliano le
valutazioni già espresse in occasione del precedente procedimento valutativo ai
sensi della LR. n. 40/98 (20/2/2015).
Le carenze delle
analisi sugli effetti e sulla sostenibilità della variante urbanistica
Nella osservazione al
progetto estrattivo ai sensi della LR. n. 40/98 art. 12 – Fase di
valutazione impatto ambientale del
20/2/2015, erano state espresse numerose perplessità in ordine alle analisi
ambientali di corredo agli elaborati attinenti alle valutazioni ambientali (SIA).
Anche nell’ambito di questo nuovo procedimento, riteniamo che siano
ancora carenti le indagini per consentire le valutazioni sugli effetti
economici, sociali e paesaggistici incidenti sul contesto locale in cui si
colloca l'iniziativa estrattiva (vedi capitoli successivi) . Per quanto possa
apparire dietrologico, è ragionevole supporre che le indagini svolte dal
proponente siano piuttosto reticenti laddove le problematiche toccate incidano
sulla sostenibilità dell’intervento.
I limiti dell’apparato conoscitivo territoriale vanno peraltro
esaminati in relazione agli adempimenti procedurali che, a seguito dell’entrata
in vigore dell’art. 8 della LR. n. 23/2016, prevedono la contestuale procedura
di v.a.s.
L'impatto
paesaggistico del progetto estrattivo
Criticità locali
Per quanto le
osservazioni debbano riguardare gli aspetti e le implicazioni urbanistiche
della nuova destinazione d'uso insediata nel territorio, è evidente che, in
questo caso, occorra porre una particolare attenzione anche alla qualità delle
trasformazioni a causa del pesante impatto percettivo delle stesse all'interno
del perimetro dell'area.
Per esempio le
condizioni climatiche e la scarsa “fertilità” del suolo rendono più difficili
le sistemazioni vegetali finalizzate alla naturalizzazione del
sito; anche la morfologia, e in particolare l'acclività, riduce i margini delle
movimentazioni dei terreni per eseguire i ripristini e i rimodellamenti
superficiali anch'essi finalizzati alla riqualificazione visiva
dell'area. In sostanza, se è ben noto quanto l'esito finale (ripristino
ambientale) di una attività di cavazione pluridecennale si discosti dalle
intenzioni e dalle ipotesi progettuali iniziali, in questo caso tale
discrepanza potrebbe risultare particolarmente accentuata. Questa sensazione di
inaffidabilità delle attività di ripristino in funzione di un ragionevole
recupero ambientale, si coglie in alcuni interventi riportati nei verbali delle
conferenze valutative.
E' infine noto
quanto siano modeste le capacità del Comune di pretendere un costante rispetto
delle prescrizioni degli atti autorizzativi con particolare riguardo al
risultato conclusivo maturano nei decenni successivi all’autorizzazione.
Criticità
territoriali
Il problema immediatamente
percepibile creato dalla variante urbanistica è dato dalla estesa visibilità
delle trasformazioni previste che, sul versante di Uvert, risultano piuttosto
impattanti e soprattutto incoerenti con la natura pastorale del paesaggio. La
nuova previsione estrattiva non può essere considerata alla stregua di una mera
estensione di attività di cavazione preesistenti dal momento che siamo in
presenza di ampliamenti di sette volte rispetto alla superficie di scavo
originario. La nuova area è situata in un ambiente montano che, da Rorà salendo
verso il M. Frioland, si caratterizza per il bosco a metà del versante e per i
pascoli e baite presso il crinale. E’, soprattutto un territorio che racchiude
in uno spazio ridotto forme e modalità di sviluppo di biocenosi vegetali
montane che generalmente si manifestano in spazi più ampi.
Esiste quindi una
evidente questione di tutela dell'identità paesaggistica. Infatti il segno
perentorio prodotto dall'attività estrattiva, che è diventato elemento
inconfondibile e identificativo dei crinali verso Rucas e nel fondovalle di
Mugniva, risulterebbe estraneo ad un microcosmo sostanzialmente agropastorale
in cui sono ancora presenti equilibri eco paesaggistici che richiedono spazi
estesi per avere riconoscibilità e funzionalità ecologica.
L’impatto sull’attività agricola
Oltre alla più
generale incoerenza col paesaggio che ha preso forma nei secoli, riteniamo che
debba essere sottolineata l'incompatibilità della cava con le attività
pastorali della zona che, per quanto apparentemente marginali, rappresentano un
risorsa e una prospettiva per i giovani che ancora nutrono aspettative
occupazionali dal territorio montano. Gli attuali alpeggi di Pian Frollero,
Uvert, in particolare, potrebbero risultare i più danneggiati dalla nuova cava.
L’impatto sul contesto socio-economico
Come già evidenziato
nelle precedenti osservazioni del 2015, riteniamo che nella richiesta
dell'intervento in questione siano stati gravemente rimossi o sottovalutati gli
impatti prodotti dalla nuova attività estrattiva su particolari segmenti della
realtà socio-economica locale. Pensiamo al comparto ricettivo, alla
ristorazione e più in generale al settore turistico che è localizzato lungo la
fascia interessata dall’estrazione e dalla movimentazione delle pietre. Gli
stessi spazi, luoghi e percorsi della più qualificata offerta turistica locale
(ecomusei, spazi espositivi etnografici, percorsi turistici, spazi ludici,…)
sono tutti compresi in questa fascia segnata dall’indotto della attività
estrattiva.
Particolarmente
pesante appare l’impatto sul sistema sentieristico del crinale che nella zona
della cava ha lo snodo verso più direzioni (il parco montano, il collegamento
con la valle Po e con la valle della Liussa). L’attività estrattiva produrrà la
sovrapposizione di fattori deterrenti per l’escursionista riguardanti, oltre al
degrado estetico anche la percorribilità e la sicurezza (esplosioni comprese).
L’incompatibilità
con la proposta di attivazione vincolo ex art. 136 del Dlgs n. 42/2004
Dal punto di vista
dell'associazione Legambiente, la presente variante viene contestata anche alla
luce della Richiesta di attivazioni delle procedure di dichiarazione di
notevole interesse pubblico ai sensi degli artt. 138 e 139 del D.Lgs. 22/1/2004
n. 42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio inoltrata alla
Regione Piemonte il 31/1/2017 dai circoli di Pinerolo, Barge e Val Pellice e
riguardante il versante montano che dal capoluogo si estende fino all'ex
Rifugio Valanza e ai nuclei agropastorali collocati sotto il crinale.
Tale
richiesta riguarda l'ampliamento di un originario vincolo paesaggistico
previsto dalla L. n. 788/1922 che non divenne mai operativo per la mancata
notificazione alla proprietà. La proposta intende tutelare dal punto di vista
ecologico, ma anche etnografico, un insieme di nuclei pastorali (compreso
Uvert, vicino al progetto della cava Fin). La proposta ipotizza, inoltre, un
approccio percettivo che consenta la interpretazione delle dinamiche evolutive
del territorio montano in presenza di trasformazioni problematiche e
controverse come quelle prodotte dal paesaggio delle cave. La proposta,
in particolare, individua nei percorsi turistici (escursionistici, ciclistici,
scialpinistici,...) del versante di Uvert, dell'ex Rifugio Valanza, dei nuclei
di Rumer e Peyret, i luoghi privilegiati per questo processo semantico di
interpretazione paesaggistica; ne consegue che la sua realizzazione della cava
è chiaramente in contrasto con la proposta di tutela.
L’incompatibilità
con gli strumenti di pianificazione settoriale
La localizzazione
appare inopportuna anche da un punto di vista strettamente settoriale poiché
l’ambito estrattivo consolidato si è nel tempo collocato più a sud-est nelle
località di Mugniva, Rucas e Montoso rispetto alle quali l’area in questione è
alquanto isolata. In questo comprensorio estrattivo specificatamente destinato,
per esempio, sì è consolidato un sistema viario di accesso e di servizio che
risulta adeguatamente dimensionato per l’attività di cavazione. La tesi che il
sito possa contenere materiale estrattivo di particolare pregio e maggiormente
ricercato dal mercato, richiederebbe comunque una valutazione realistica che
tenga conto delle effettive possibilità odierne di sviluppo del settore. Il
sostanziale ridimensionamento della richiesta di prodotto per
scogliera, dovuto anche alla offerta già stoccata in depositi nei fondovalle,
potrebbe limitare la economicità estrattiva anche della pietra ornamentale
sulla quale incidono significativamente i costi di trasporto.
La localizzazione è
contestabile, inoltre, per le incongruenze con i livelli di pianificazione
settoriale costituiti, in particolare, dal Documento di Programmazione Attività
Estrattive (DPAE) regionale, che non prevede bacini estrattivi nella zona in
questione, e dal Piano Provinciale delle Attività Estrattive che pone delle
condizioni alle ipotetiche localizzazioni. L’approvazione dell’intervento
potrebbe turbare le certezze del quadro programmatico vigente e prospettare in
futuro lo sforamento delle perimetrazioni di coltivazione regionali attuali per
indurre e favorire successive variazioni dei piani estrattivi. Potrebbe,
quindi, prendere forma un nuovo scenario (cavazione sul crinale del Bric
Volatiìa, come dal cap. 1.1.1 della Relazione Illustrativa e dallo Studio
di Impatto Ambientale, pag. 87 alleg.
al progetto) con effetti devastanti sul paesaggio e sull'ambiente agricolo.
L’impatto sul traffico locale
Le
carenze di analisi sulle implicazioni territoriali della variante risultano
evidenti in merito alla viabilità che richiederebbe una attenta verifica, in
termini cumulativi e riferita alle varie fonti di mobilità (es. legate a tutte
le cavi attive), che tenga conto delle interferenze con
la viabilità locale in particolare nel periodo estivo quando si
intensifica, in modo esponenziale, sia la cavazione che la presenza turistica.
In particolare abbiamo motivo di ritenere che l'intensità “apicale” del
traffico (giugno – agosto) sia stata sottostimata in quanto i dati riportati
(es. Relazione non tecnica: 3 -4 camion/giorno nella fase II – 5-10
anni) fanno riferimento alla media annua che “normalizza” la grande differenza
di attività estrattiva nelle varie stagioni.
Occorre
inoltre segnalare le gravi criticità legati alla inadeguatezza della dimensione
dei sedimi stradali (es. capoluogo).
Gli
elaborati progettuali e quelli urbanistici non offrono garanzie sulle soluzioni
viarie prospettate; in particolare:
-
l'ipotesi di utilizzo di un percorso alternativo (tav. n. 18 .del progetto) non
appare proponibile per la evidente pericolosità nel tratto iniziale di
fondovalle (località Fucine – Ciò la Vaccia) “…che oggi versa in precarie
condizioni”, (S.I.A. pag. 79); ciò è dovuto alla elevata
acclività del versante (>27%), alla
presenza di una estesa frana quiescente (FQ10) e all’attraversamento di settori
lineari di erosione e trasporto solido a intensità elevata (EbL) (fonte: studi
geologici del prgc). Nel tratto iniziale, immediatamente successivo alla
diramazione dalla strada SP. 162, la strada presenta acclività eccessive per i
mezzi pesanti;
-
le indicazioni del percorso alternativo con gli eventuali adeguamenti non sono
incluse negli elaborati tecnici di variante urbanistica e anche quali elaborati
progettali connessi all'attività estrattiva non sembrano avere effetti
prescrittivi certi;
-
negli elaborati sono assenti disposizioni vincolanti (convenzioni, regole,
divieti,...) che offrano garanzie circa l'effettivo utilizzo di percorsi
predefiniti. Allo stato attuale siamo in presenza di una semplice dichiarazione
di intenti.
Considerazioni sulle compensazioni
La particolarità
della variante, legata ad uno specifico intervento trasformativo, ci induce ad
un esame più organico sugli aspetti progettuali così come risultano dagli
elaborati e successive integrazioni. La questione delle compensazione è posta
in modo molto vago (come già evidenziato in tutte le CdS) e con margini di
negoziazione per nulla trasparenti. Il Comune avrebbe dovuto, quantomeno,
predisporre una tavola delle criticità ed emergenze paesistiche e ambientali su
cui confrontarsi col proponente per orientare le compensazioni su interventi
strutturali di valorizzazione ambientale e paesaggistica. Anche nella stessa
CdS del 20/12/2016 è stata segnalata come approssimativa la generica ipotesi di
compensazioni legata a interventi contingenti post eventi alluvionali. Qualche
dubbio permane sulle ipotesi compensative prospettate (trattasi di rimozione
delle sponde e dagli alvei attivi della vegetazione arborea che è causa di
ostacolo al regolare deflusso delle acque” (Elab. A_Int.02).)
Inoltre, in materia
di compensazioni, riteniamo grave la disinvolta esclusione delle compensazioni
e mitigazioni locali e del rispetto di numerose prescrizioni decisa dal
proponente “in quanto alla scadenza dell’autorizzazione si voleva procedere
con il rinnovo ed ampliamento della coltivazione.” (Elab. A_rev.01).
Considerazioni sul
dissenso locale
La questione della
percezione sociale della previsione della nuova cava è piuttosto inusuale
perché, generalmente, questo aspetto non ha riscontro nei procedimenti
autorizzativi riguardanti interventi finalizzati a ricavare usi e risorse
dall'ambiente (es. captazioni idroelettriche, infrastrutturazioni a rete,...).
Tuttavia è doveroso tenerne conto in quanto siamo in
presenza di un progetto che, benché poco discusso localmente, ha generato
perplessità e dissenso già emersi in occasione della prima pubblicazione del
progetto nel febbraio del 2015. Anche con l’attuale pubblicazione della
variante urbanistica sta prendendo piede una opposizione “formalizzata” che si
manifesta attraverso le osservazioni previste per legge; è un’iniziativa
particolarmente significativa in quanto rappresenta, probabilmente, la parte
visibile di un dissenso ben più diffuso anche se latente (come in genere capita
nelle piccole comunità).
Riteniamo ancora
importante evidenziare la “qualità” dell’opposizione che non può certo essere
ricondotta ad una forma di “sindrome di nimby” in quanto non tocca,
direttamente e tangibilmente, degli interessi privati ma riguarda un più
generale interesse della collettività a mantenere inalterato un ambiente le cui
caratteristiche attuali permettono la conservazione e lo sviluppo di
opportunità per la comunità locale. Sorprende che l’A.C. non abbia colto questo
aspetto.
Il contrasto col Piano Paesaggistico Regionale
A poche settimane
dall'approvazione del Piano Paesaggistico Regionale appare più che mai
necessario verificare lo scenario programmatico in cui si colloca la nuova
cava. Nel merito sono ravvisabili delle sostanziali incoerenze in quanto
l'ambito viene riconosciuto dal P.P.R. per la sua caratterizzazione montana (in
particolare opera l’art. 32 – Relazioni visive tra insediamenti e conteso
e l’art. 33 – Aree rurali di specifico interesse paesaggistico,) ed in
esso assume particolare rilevanza il riconoscimento della Punta Fin come
emergenza panoramica di rilevanza turistica. E' del tutto evidente che la cava
rappresenta un impedimento al raggiungimento di questi obiettivi di
valorizzazione. E' invece significativo che il P.P.R. individui fra i fattori
“caratterizzanti” del luogo “...le cave di estrazione della pietra di
Luserna, sul versante opposto di
Rorà, nella zona di punta Cournur, (Elaborato: Schede degli ambiti di
paesaggio).
Il contrasto con le
politiche di valorizzazione territoriale di enti e associazioni.
Come già evidenziato
in più documenti inoltrati nell'ambito dei procedimenti v.i.a. della Cava Fin,
il Circolo ritiene che la nuova cava risulti in palese contrasto con le
politiche di valorizzazione turistica
della ex Provincia
di Torino e della Città Metropolitana (es. Sistema cicloturistico e
di mountainbike, Itinerari a ruota libera,...) e di altri organismi e
associazioni che operano per la valorizzazione del territorio (es. CAI con la
realizzazione del percorso G.T.A). Riteniamo che non
si debba compromettere, con l'approvazione della nuova cava, questo quadro
programmatico, sostanzialmente omogeneo, espresso da più attori che, in forme
diverse, operano per la valorizzazione del territorio.
La presenza di uso civico quale
fattore ostativo per motivi di merito e
di legittimità
Procedendo
nell'analisi del progetto della cava è emersa la presenza di almeno un lotto
gravato di uso civico (categoria A – bosco e pascolo permanente, art. 11 L.
1766/1929 - particella 1 figlio XII catasto comune di Rorà) di cui si è stata
data immediata informazione al responsabile del presente procedimento
amministrativo.
Riteniamo che su
questo istituto, inerente le modalità di esercizio della “proprietà
collettiva”, siano necessarie alcune
considerazioni riguardanti da una parte gli aspetti di
principio e culturale e dall'altra i risvolti giuridici propri della procedura.
La salvaguardia del
valore degli usi e dei diritti collettivi
Siamo ben
consapevole che l'istituto dell'”uso civico” sia espressione di antiche concezioni
giuridiche e modalità di utilizzo dei suoli che, maturate soprattutto nel
periodo medioevale, nel tempo sono state molto affievolite dal diritto liberale
e napoleonico e dalla evoluzione economica; si potrebbe lecitamente dubitare se tale istituto rientri ancora nel nucleo
del diritto vivente e non piuttosto in quello della storia del diritto. Non è
da escludere che oggi venga rivalutato anche al fine di procurare introiti alle
casse degli Enti affrancanti o di enfatizzare l’effetto formale della tutela
del paesaggio. Tuttavia, anche abbandonando il rigore e il dogmatismo giuridico
che ha caratterizzato l’approccio giurisprudenziale, riteniamo che nell'esteso
patrimonio collettivo degli usi agropastorali di Rorà sia ancora rintracciabile la "dimensione
solidaristica” che va assolutamente difesa come valore per la comunità locale e
come riferimento per le generazioni future. Lo stesso forte legame che, in
questo caso, unisce la terra, gli uomini, il lavoro esprime efficacemente
quella dimensione paesaggistica che, non a caso ha acquisito il valore
etico/culturale/identitario dell’uso civico tramite la sua formale statuizione
nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (
D.Lgs. 22 gennaio 2004 n.42 art. 142 lett. h).
I profili di illegittimità procedurali
A seguito di verifiche svolte presso gli uffici competenti è
stato possibile constatare la mancanza di procedimenti amministrativi che
abbiano modificato le condizioni giuridiche sui lotti gravati da uso civico
posti nel territorio di Rorà; da ciò deriva la sostanziale conferma del regime
di diritto collettivo. La variazione urbanistica doveva essere preceduta dalla
autorizzazione regionale al mutamento di destinazione d’uso del lotto gravato
di uso civico da agricolo ad estrattivo (art. 12, comma 2, L. n. 1766/27). Più
precisamente “La destinazione d'uso non può operare finché il bene sia stato
sdemanializzzato, ovvero ne sia stato autorizzato il mutamento di destinazione
d'uso” Circ. Reg. 20/PRE 30/12/91.
Peraltro tale autorizzazione è soggetta
alle rigide disposizione dell’art. 41 del RD 26/02/1928 n. 332 laddove si
precisa che “”Potranno i comuni e le associazioni agrarie richiedere… che a
tutte o parte delle terre sia data una diversa destinazione, quando essa
rappresenti un reale beneficio per la generalità degli abitanti”.
La persistenza del diritto collettivo dato dal gravame di uso
civico fa emergere evidenti profili di illegittimità dovuti al mancato
adempimento delle citate ricognizioni preliminari e dei successivi
procedimenti.
Riteniamo
inoltre e subordinatamente, che siano ravvisabili ulteriori elementi di
illegittimità procedurale inerenti la trasparenza; infatti:
-
la natura pubblica dei diritti di uso civico implica che le decisioni in merito
alle sue modalità di conservazione e fruizione (in questo caso il mutamento di
destinazione d'uso finalizzato alla assegnazione/concessione di diritti su beni
pubblici) siano soggette alle procedure di evidenza pubblica (art. 12 L.
241/90, espressione dell'art. 97 della Costituzione) per garantire i principi
di concorrenza, parità di trattamento, trasparenza ,...(art. 1 della L.
241/90);
- tale natura richiede quindi il
rispetto del “contraddittorio”, della informazione e partecipazione che deve
necessariamente precedere le iniziative di deroga ex art. 12 L. 1766/1927.
A queste incombenze amministrative,
essenziali anche per il diritto comunitario, non è stato dato seguito.
Più in generale è bene ricordare gli effetti giuridici di imprescrittibilità,
inalienabilità, indisponibilità e inusucapibilità, insistenti sui terreni costituenti demanio civico sui quali si
esercitano gli usi civici e la conseguente sanzione di nullità dei relativi
atti di esercizio e in particolare di trasferimento (C.C. art.1418).
Alla luce delle ipotesi di illegittimità che siamo costretti a
segnalare, riteniamo che sia conveniente che le autorità procedenti ricorrano,
eventualmente, ad adeguate misure di autotutela amministrativa “preventiva”, in
particolare tenendo conto delle disposizioni del D.Lgs.
267/2000 art. 107, comma 6, inerente alle responsabilità della dirigenza con
particolare riguardo al procurato danno erariale.
Le perplessità procedurali e sulle
omissioni formali
Segnaliamo
ancora alcuni aspetti amministrativi.
1)
Proprio nella consapevolezza che in questa fase di gestione delle nuove
disposizioni di legge (Art. 8, LR. 17/11/2016, n. 23. Disciplina delle
attività estrattive: disposizioni in materia di cave.) risulti difficile l'interpretazione delle regole
procedurali, riteniamo che debbano ancora essere attentamente valutati gli
adempimenti in merito all'applicazione del procedimento ambientale connessi
alla variante urbanistica. Comunque, come appare evidente dai rilievi sopra
esposti, riteniamo che, di fatto, tutto l'impianto progettuale difetti di
valutazioni realmente adeguate alle problematiche indotte dalla variante.
2)
La DC di adozione non contiene l'elenco degli elaborati, contrariamente a
quanto richiesto dalla circ. reg. 16/URE e dal Comunicato Regionale del
10/3/2011 creando ombre sulla trasparenza dei contenuti urbanistici e impedendo
pertanto un controllo successivo di conformità che è nel diritto di ogni
cittadino. Alcuni elaborati del progetto trasformativo (es. tav. 18 sul sistema
viario) che sembrano utili anche alla valutazione delle previsioni della
variante, in realtà non sono nemmeno adottati dal Consiglio Comunale e quindi
non fanno parte delle variante.
Conclusioni
Viste
le varie problematiche sovraesposte nelle quali, oltre alle argomentazioni di
natura giuridica, ambientale e paesaggistica e di coerenza con il quadro
programmatico degli enti pubblici operanti nel territorio, assume un ruolo
determinate il dissenso della comunità locale,
il Circolo
VALPELLICE della LEGAMBIENTE
richiede,
risolutamente, che la variante urbanistica venga revocata e che si chiuda il
presente procedimento LR. n. 40/98 art. 12 – Fase di valutazione impatto
ambientale con il diniego dell'autorizzazione alla nuova cava.
Il presidente di circolo: Davide Claudio Gay
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