Scuola, ricerca e competitività: la lezione sul costo dell'ignoranza che l'Italia non vuole imparare

DAL SITO DI GREENREPORT.IT

L'esempio più vicino, ma non certo il solo, è quello della Germania: nei mesi scorsi il governo di Angela Merkel ha tagliato la spesa pubblica tedesca di 80 miliardi di euro. Ma ha aumentato gli investimenti in educazione e ricerca di 13 miliardi.
È evidente che la Germania "crede" nella conoscenza. E crede che la conoscenza non abbia solo un (inestimabile) valore in sé, che aiuta a formare persone più consapevoli e capaci di proporsi come protagonisti della cittadinanza attiva. Crede anche che la conoscenza abbia un valore pratico: è diventata ormai "la" leva dell'economia in una stagione della storia che non a caso viene chiamata "era della conoscenza".
La Germania non è certo la sola, in Europa. Esiste un'intera costellazione di stati che aderiscono, per così dire, al suo modello. Questa costellazione va dalle Alpi (Svizzera, Austria) alla Scandinavia. E si caratterizza appunto per alti investimenti in educazione e ricerca che consentono di alimentare un'economia fondata sulla produzione di beni e di servizi ad altro contenuto di conoscenza aggiunto, che a sua volta consente di mantenere un alto livello di welfare. Non è, al contrario, un caso che i paesi che affacciano sul Mediterraneo e che sono in condizioni economiche e finanziarie decisamente meno brillanti - Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Cipro - siano anche i paesi che "credono" meno nella scuola e nella ricerca. C'è una correlazione diretta tra investimenti in cultura ed economia. Così come c'è una correlazione diretta tra investimenti in cultura e cittadinanza attiva.
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