DALLA REPUBBLICA.IT
Il rapidissimo sviluppo dello shale gas negli Stati Uniti è stato finora contestato per l’impatto ambientale prodotto dai processi di estrazione. Adesso arriva un secondo filone di preoccupazioni: la minore richiesta di carbone in America ha fatto abbassare il costo di questo combustibile che viene esportato in altri paesi, a partire dall’Europa: una nuova spinta alla crescita delle emissioni serra.
In sostanza gli Stati Uniti stanno praticando la delocalizzazione di una produzione a rischio. La misura di questo rischio è spiegata da Amory Lovins, uno dei fondatori del Rocky Mountain Institute, in un libro appena uscito in Italia (“Reinventare il fuoco”, Edizioni Ambiente): secondo stime condotte nel 2010 dalla Clean Air Task Force l’inquinamento atmosferico prodotto dalle centrali a carbone causa più di 13.000 morti premature all’anno negli Stati Uniti e fa salire i costi dell’assistenza sanitaria di 100 miliardi di dollari all’anno.
Con la delocalizzazione gli Stati Uniti evitano di pagare in casa questo prezzo, esportando i danni. Ma non sfuggono ai rischi collegati alle emissioni serra.
Per saperne di più leggi l'articolo: Il vero costo del carbone: la salute
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