Il girotondo intorno all’Ilva

DAL FATTO QUOTIDIANO.IT

Proviamo a sintetizzare la situazione. Una fabbrica inquina persone ed ambiente. Chi trae profitto dall’attività della fabbrica – e ricordiamo che prima degli attuali proprietari il proprietario fu lo Stato – non si è preoccupato più di tanto degli effetti collaterali della lavorazione industriale. Non legge i bollettini delle persone ammalate e che poi muoiono: tutti tabagisti incalliti, asseriva un’autorità del luogo. Non pone attenzione ai comitati cittadini che denunciano la cosa. Non fa troppo caso alla la polvere rossastra ferrosa che dentro e fuori la fabbrica ricopre ogni cosa. Non vede lo smog che tutto l’anno circonda l’area, tranne quando il vento, le tempeste, bontà loro, non trasportano la polvere in altri siti, inquinando qualcun altro. Loro dormono fra due guanciali: è tutto ok.
La sveglia a costoro la dà un procuratore della Repubblica. Allora ci si sorprende. Ci si agita. Si telefona ad amici per chiedere aiuto. Loro possono sempre contare su amici. Se non l’aveva fatto prima o l’aveva fatto in maniera parziale, una persona intelligente avrebbe cominciato immediatamente a mettere in atto qualche sorta di bonifica, se non altro per far vedere la ”buona fede”. Perché sicuramente un piano di bonifica nei loro cassetti ci deve essere. No, aspettano che lo Stato, ricattato con i posti di lavoro, vada in loro aiuto. E lo Stato, con i soldi delle nostre tasse, promette di pagare per un’ipotetica bonifica.
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