Tav e grandi opere, non contano solo le proteste

DAL FATTO QUOTIDIANO.IT

La resistenza locale, lodevole quando non violenta, ha giocato nei fatti un ruolo ambiguo: al contrario dell’opposizione tecnica, generalmente ignorata dai media, ha avuto una straordinaria presenza in televisione, e anche sui giornali partigiani dell’opera. Il motivo è ovvio: le proteste locali “dimostrano” l’egoismo e la miopia di chi favorirebbe piccoli egoismi rispetto ai grandi obiettivi di sviluppo della Patria. È l’effetto Nimby (“non nel mio cortile”). I fautori bipartisan dell’opera ci marciano.
Nel caso della Torino-Lione le proteste erano tecnicamente molto giustificate, al contrario che in altri casi.
Che fare allora? Valutare con cura le priorità, senza chiedere all’oste se il vino è buono, e discutendo con tutti gli interessati, comprese le popolazioni locali. Poi partire con i lavori solo se i soldi ci sono già tutti, e sono “blindati”, in modo che ci sia certezza di finire l’iniziato. Speriamo che le posizioni dei grillini evolvano in questa direzione. Attualmente sembra di intuire invece un approccio molto più ideologico: che le scelte “dal basso” (una forma di democrazia diretta), debbano sempre e comunque prevalere, senza che altre valutazioni o criteri di scelta possano entrare in campo. Una posizione un po’ inquietante, che farebbe prevalere semplicemente chi alza di più la voce.
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