I vestiti? “Contengono sostanze tossiche e nocive”. Greenpeace analizza 20 marchi

DAL FATTO QUOTIDIANO

Siamo ormai in un mondo di “fashion victim”? Decisamente sì, e non solo nel senso di persone che seguono acriticamente le mode del momento. Secondo l’ultimo rapporto di Greenpeace, Toxic threads – The fashion big stitch-up, l’industria tessile provoca infatti danni gravissimi all’ambiente, ma anche alla salute. Lo rivelano le analisi chimiche eseguite su decine di prodotti dei marchi più importanti del pianeta. Due terzi dei quali, in base ai risultati, contengono sostanze tossiche e nocive.
Nel mirino della campagna Detox avviata lo scorso anno, però, oggi c’è in particolare Zara: leader internazionale nella rivendita di capi d’abbigliamento, secondo l’associazione ecologista “fa parte del problema”, ed è responsabile di devastazioni ambientali in tutto il mondo. Soprattutto in Cina, dove oggi, non a caso, Greenpeace ha lanciato con una “sfilata choc” la sua campagna a livello internazionale.
Oltre alla tossicità dei prodotti, “una delle cose che è emersa è anche la scarsa trasparenza che regna in questo settore”, denuncia a ilfattoquotidiano.it Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia: “Di 25 prodotti analizzati su 141 non siamo assolutamente riusciti a capire l’origine: sono quasi uno su sei”. “Può sembrare poco, viste le ridotte dimensioni del campione, ma pensiamo a cosa significa se si considerano gli 80 miliardi di capi di abbigliamento fabbricati nel mondo ogni anno”. “Altro problema – aggiunge Giannì – è che ad oggi non esistono informazioni sui possibili problemi sanitari per chi indossa questi prodotti.
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