C’è il decreto ‘ad Ilvam’: l’azienda respira, Taranto no

DAL FATTO QUOTIDIANO.IT

Il decreto ‘ad Ilvam’ ci sarà. Domani. Lo ha detto Mario Monti, lo ha deciso il governo. Perché l’acciaio è di fondamentale importanza per il manifatturiero di casa nostra; perché non si possono lasciare senza lavoro 20mila operai tra Taranto, Genova e le altre fabbriche collegate; perché con il blocco del siderurgico si infliggerebbe un colpo mortale anche ad altri settori del made in Italy, prima fra tutte l’industria automobilistica.
L’Ilva e ancor prima l’Italsider hanno avvelenato per decenni: le istituzioni lo sapevano benissimo, ma hanno preferito nascondere la polvere sotto al tappeto, facendo finta di nulla e lasciando in eredità la bomba siderurgica su chi sarebbe arrivato dopo.
E’ questione di Stato: tocca al governo dei professori sbrogliare la matassa. Miracolo tecnico e voilà il decreto. I ministri sono soddisfatti. La politica tutta è in festa. L’Ilva può riprendere la produzione. Il siderurgico può tornare a uccidere i tarantini. E sì, perché se è vero che l’Aia (divenuta legge per dl) impone i parametri per la bonifica, è altrettanto vero che i provvedimenti della Procura (uno su tutti: il blocco dell’acquisto di materie prime) avevano un effetto immediato sull’inquinamento.
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