Energia e democrazia: a chi conviene non guardare al futuro?

DAL FATTO QUOTIDIANO

La nuova Strategia energetica nazionale, attesa da oltre vent’anni, definirà le linee programmatiche dello sviluppo energetico dell’Italia per i prossimi anni e, per come l’ha pensata il ministro Passera, punterà su gas, petrolio e carbone.
Una vera innovazione, un toccasana economico, ambientale e salutare…!
Ma probabilmente questa scelta è in linea con vantaggi economici e lobbistici che nel mondo vanno per la maggiore. Secondo la ricerca Vital Signs, condotta per il Worldwatch institute, le energie rinnovabili hanno ricevuto nel 2010 contributi per 66 miliardi di dollari, pochissimo a paragone di quelli ricevuti dai combustibili fossili, 775 miliardi nel 2010 e oltre un trilione di dollari quest’anno. Ma la cosa più grave a mio parere è che lo studio sottolinea che che ai costi per gli incentivi vanno sommati una serie di costi ambientali che secondo l’Accademia Nazionale delle Scienze è costata agli Stati Uniti 120 miliardi di dollari tra spese sanitarie e danni derivanti dall’inquinamento ambientale.
Se questi contributi fossero eliminati entro i prossimi 8 anni, il consumo globale di energia si ridurrebbe del 3,9% l’anno e la domanda di petrolio si ridurrebbe di 3,7 milioni di barili al giorno, la domanda di gas naturale potrebbe essere tagliata di 330 miliardi di metri cubi e la domanda di carbone scenderebbe di 230 milioni di tonnellate. Questi studi, io credo, inquadrano bene il problema: a chi giovano i contributi e cosa mantengono in vita?
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